lunedì 27 agosto 2007

"C'era una volta in america" di Sergio Leone



C'era una volta in America è l'ultimo film diretto dal regista italiano Sergio Leone. Fa parte della cosiddetta "trilogia del tempo". Di questa trilogia fanno parte anche i film precedenti del cineasta romano: gli spaghetti western C'era una volta il west e Giù la testa.

Girato nel 1984, sedici anni dopo C'era una volta il West, il film è interpretato, fra gli altri, da Robert De Niro e James Woods. La colonna sonora è di Ennio Morricone.

Basata su un romanzo di Harry Gray, The Hoods, pubblicato poi successivamente con il titolo di Once Upon a Time in America, la pellicola narra - nell'arco di quarant'anni, dagli anni '30 ai '60 - le drammatiche avventure di Noodles, gangster dedito all'oppio, e del suo amico Maximilian "Max" Bercovicz - interpretato da James Woods - dal ghetto ebraico all'ambiente della malavita organizzata nella New York del proibizionismo e del post-proibizionismo.

Articolato su un ampio ricorso alla formula del flashback, che lascia tuttavia spazio ad un finale aperto, il film ha avuto una gestazione complicata: fu dapprima distribuito negli USA in una versione ridotta con tagli per circa novanta minuti. Tale versione non prevedeva la struttura a flashback, e articolava le scene in ordine strettamente cronologico. Questo "arrangiamento" riduceva il capolavoro di Leone ad un banale gangster-movie che si rivelò un flop negli states mentre la versione del regista fu un grande successo di pubblico e critica in ogni altra parte del mondo.

L'alto significato allegorico, la perfezione tecnica, l'atmosfera che avvolge lo svolgersi della storia rendono unico il film, da molti considerato uno dei più belli di tutti i tempi.



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domenica 26 agosto 2007

"The Elephant Man" di David Lynch

The Elephant Man è un film biografico del 1980 diretto da David Lynch che racconta la storia del più noto storpio inglese dell'ottocento, Joseph Merrick.

L'allora trentaquattrenne Lynch realizza un'opera di grande poesia, capace di incantare gli spettatori e portarli alle lacrime grazie ad una regia controllata anche se non priva di tocchi personali e ad una messa in scena dell'Inghilterra Vittoriana di grande effetto. È difficile prevedere in quale direzione il film vuole portarci man mano che la pellicola scorre, e nonostante qualche eccesso di sentimentalismo sia comunque presente non si può negare la capacità di Lynch nel trattare un materiale che avrebbe potuto dar vita a ben altre stucchevoli esperienze filmiche.

Gli interpreti principali sono Anthony Hopkins, John Hurt, Anne Bancroft, John Gielgud, Wendy Hiller, Michael Elphick, Hannah Gordon e Freddie Jones. Il film è stato adattato da Christopher De Vore, Eric Bergren e David Lynch dal libro The Elephant Man: A Study in Human Dignity di Sir Frederick Treves e Ashley Montagu. Per motivi artistici fu girato in bianco e nero.

Ricevette 8 nomination per il premio Oscar, come Miglior Film, Miglior Attore (John Hurt), Miglior Scenografia, Migliori Costumi, Miglior Regista (David Lynch), Miglior Montaggio, Miglior Colonna Sonora, Miglior Sceneggiatura basata su un romanzo. Nonostante le attese, il film non si aggiudicò nessuno di questi premi.

Vinse invece il premio della British Academy of Film and Television Arts come Miglior Film, Attore (John Hurt) e Scenografia, e fu nominato per altri quattro: Regia, Sceneggiatura, Fotografia e Montaggio.



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sabato 25 agosto 2007

"Urla del silezio" di Roland Joffé

Durante la guerra di Cambogia il giornalista del New York Times Sydney Schanberg (Waterston), spedito sui “Killing Fields” (questo il titolo originale) come inviato speciale, costruisce una salda e onesta amicizia con il rappresentante locale Dith Pran (Ngor). Al momento della ritirata statunitense Pran decide di restare al fianco del suo amico Shanberg per continuare il reportage sugli eventi locali, nonostante l’avanzata degli Khmer Rossi lo minacci più del suo compagno statunitense.
Roland Joffré dipinge con un affresco violento e caotico la prima grande sconfitta bellica contemporanea subita dagli Stati Uniti da un punto di vista prettamente umano. Le vite dei personaggi si intrecciano e confondono con il marasma della guerra e delle condizioni di vita estreme del sud-est asiatico, e il regista propone uno sguardo appassionato sul contraddittorio mondo del giornalismo americano, che risulta ancora fortemente attuale.
La pellicola, emozionante e coinvolgente grazie alla profondità dei personaggi e la bravura degli interpreti, è girata con maestria. Il film colpisce anche per la notevole fotografia e per le indimenticabili immagini delle città Cambogiane devastate dal caos.

"Leon" di Luc Besson



Leon è un sicario, felice della sua vita. Quando una ragazzina sua vicina, torna a casa e trova la sua famiglia uccisa da un trafficante di droga, va da lui per aiuto. Quando scopre la sua "professione", gli chiede di insegnarle ad uccidere per ottenere la sua vendetta.



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"Monster man" di Michael Davis



Goliardico film statunitense del 2003 che s'inserisce nel rinato filone dell'horror rurale a cui a fatto da apripista “Jeepers Creepers ” di Victor Salva. E proprio a quest'ultimo, “Monster Man” si rifà chiaramente, sia nell'uso delle locations che per la figura del folle assassino motorizzato. Una coppia di ragazzi piuttosto scemi è in viaggio lungo le assolate strade del profondo sud degli States, verso un matrimonio a cui sono stati invitati. Ma i giovani ben presto si troveranno, loro malgrado, braccati da un pazzo che viaggia su un terrificante “monster truck” (ossia una sorta di enorme jeep, con ruote spropositate, che gli americani adorano realmente vedere in azione in alcuni show itineranti, mentre schiaccia automobili e compie acrobazie). Durante la fuga, i nostri ne passeranno di tutti i colori, incontreranno anche una sexy autostoppista ed infine scopriranno che i loro inseguitore non è esattamente un essere umano… Divertente e ritmato, “Monster Man” risulta più spensierato e godibile di altri prodotti del medesimo filone (vedi, ad esempio, “Wrong Turn ”) e , nonostante abbia alcune pecche di sceneggiatura evidenti, coglie appieno gli obbiettivi che si era prefisso ossia inorridire e far ridere al contempo. Ottimi gli effetti speciali che non lesinano in esplosioni brutali di splatter, specie nel concitato finale (evidente omaggio a “Non aprite quella porta ”) ed efficace il trucco di “Bob”, il folle e mostruoso inseguitore dei ragazzi. Ben realizzato anche il rugginoso e mastodontico “monster truck”. La regia di Davis è briosa e resta in bilico fra azione spettacolare, parodia ed horror truculento. Dignitoso il reparto recitativo (la giovane Aimee Brooks è una vera bomba sexy!) e azzeccate le desolate locations. Ottimo per una serata carica di pop-corn e birra !



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"Memento" di Christopher Nolan



Leonard Shelby tentando di salvare la moglie da due malviventi rimane gravemente ferito alla testa, tale trauma gli causa l'impossibilità di accumulare nuovi ricordi. Dal momento dell'incidente, che resta anche l'ultimo ricordo fissato nella sua memoria, l'unico scopo nella sua vita è trovare e punire l'uomo che ha violentato e ucciso sua moglie. Determinato e consapevole del suo problema, prende appunti e fotografa con la Polaroid tutto quello che gli può essere utile e che dimenticherà dopo pochi minuti. Il suo corpo è pieno di tatuaggi sui quali appunta gli avvenimenti e i dati più importanti nella ricerca del colpevole.

Il montaggio del film procede su 2 binari: le scene che si susseguono sono alternativamente l'ultima in ordine cronologico, poi la prima, poi la penultima, poi la seconda, e così via. La scena finale del film è quindi quella cronologicamente centrale, che rappresenta il punto di scioglimento dell'intreccio. La tecnica replica il punto di vista del protagonista, che, afflitto di mancanza di memoria a breve termine, dimentica tutto ciò ha vissuto nell'immediata precedenza. Lo spettatore, vedendo eventi di cui ancora non ha visto ciò che li precedono, si trova nella stessa condizione di spaesamento. Ma al di la della trama il film è incentrato sulla necessità umana di ancorare la vita ad una successione temporale di eventi. Nel momento in cui ciò non è possibile, essa stessa diventa qualcosa di non gestibile. Il protagonista non sa neppure quanto tempo è passato dall'incidente e ogni volta che si risveglia scopre di nuovo tutto da capo, così come dopo pochi minuti non ricorda assolutamente ciò che stava facendo. Ciononostante, la necessita di avere uno scopo è così forte da spingerlo a continuare a vivere grazie "all'istinto , all'urto e al metodo"



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"Assassini nati" o "Natural Born Killers" di Oliver Stone



Assassini nati è un film del 1994 diretto dal regista premio Oscar Oliver Stone, con Juliette Lewis e Woody Harrelson.

La sceneggiatura originaria del film venne scritta da Quentin Tarantino, ma modificata radicalmente da Oliver Stone, Richard Rutowski e David Veloz, al punto che Tarantino decise di prenderne le distanze pubblicamente e chiese addirittura di togliere il suo nome dai titoli.

Nelle intenzioni di Tarantino il film avrebbe dovuto mescolare violenza a dialoghi brillanti secondo una trama complessa e ricca di riferimenti all'avantpop, un po' sulla falsariga di quanto proposto con i suoi Le Iene e Pulp Fiction. Stone invece preferì incentrare l'oggetto del film tutto sul rapporto tra i media e la violenza che si alimentano vicendevolmente secondo un meccanismo perverso.

Il film fu criticato da parte della stampa e dell'opinione pubblica a causa del contenuto esplicito di violenza che avrebbe lasciato in secondo piano il messaggio di forte critica della stessa, che pure è evidente nelle intenzioni dell'autore.



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"Chinatown" di Roman Polanski

La pellicola è evidentemente un omaggio al giallo hard boiled, specialmente a quello californiano di Raymond Chandler. Non è infatti difficile vedere come i personaggi del film corrispondano a quelli tipici del genere: c'è il detective ex-poliziotto cinico e disincantato, ma in fondo idealista (Gittes), la dark lady ambigua e sensuale (Evelyn), il potente patriarca con lo scheletro (o gli scheletri) nell'armadio (Noah Cross), la polizia corrotta e politicamente controllata, i quartieri etnici (Chinatown, che a ben vedere è un microcosmo che riflette la corruzione dell'intera Los Angeles). C'è anche, nel romanzo di Robert Towne, quell'intreccio di storia e invenzione che diverrà poi plateale nei successivi romanzi di James Ellroy: la torbida vicenda di appalti, speculazioni edilizie, corruzione e delitto raccontata da Polanski è infatti in gran parte basata sulla vera storia della città di Los Angeles, e delle colossali opere idriche realizzate da William Mulholland per rendere abitabile quella che in origine era un'area semidesertica.



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