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Decimo lavoro di Polanski, si colloca senza indugi tra i suoi film più rappresentativi ed evocativi, essendo anche ispirato ad un romanzo ("Le Locatarie Chimerique", di Roland Topor) di cui ne migliora sicuramente il senso artistico. Un timido archivista polacco di nome Trelkosky (mirabile interpretazione di Polanski) si trasferisce a Parigi in un'appartamento precedentemente abitato da una ragazza di nome Simone Chule, suicidatasi poco prima gettandosi dalla finestra. Da quando Trelkosky prende possesso della casa la sua vita comincia lentamente a cambiare. Vessato da inquietanti e grotteschi vicini, scopre nell'appartamento orribili tracce dell'ex-inquilina ed inbocca progressivamente un tunnel di oscurità e follia fino al totale sdoppiamento di personalità nella ragazza. Si tratta sicuramente del film più "Kafkiano" del grande regista polacco, e probabilmente anche il più intriso di complesse strutture metaforico-interpretative. La prima e più evidente è senz'altro quella di condominio-alveare visto come universo aggregante dal punto di vista fisico, ma disgregante da quello psicologico. Tutti gli inquilini dello stabile (dalla portiera al padrone di casa) sembrano infatti seguire uno strano iter comune fatto di irrazionali scortesie, assurde lamentele, grottesche vendette. Del resto ci si accorge man mano che anche i propietari del bar accanto allo stabile fanno di tutto per cercare di evocare, riesumare, la vita e le abitudini della ragazza morta suicida per riadattarle alla persona di Trelkosky. L'esoterismo ed il misticismo sono dosati con tocchi virtuosi: un libro, una cartolina fino ad arrivare agli inquietanti geroglifici incisi sulle mura del bagno di fronte la stanza del protagonista. L'esplicito simbolismo di Polanski si fa via via più estremo: dagli inquilini immobili nel bagno ai macabri ritrovamenti nei buchi delle pareti per finire all'inesorabile sdoppiamento di personalità (con tanto di vestiti) in Simon Chule. Trelkosky sembra da subito ingabbiato in un sinistro meccanismo più grande di lui dal quale non riesce a svincolarsi, pedina condannata dalla inesorabile ciclicità del destino. Il film è tecnicamente ineccepibile, sullo sfondo di una Parigi vitrea ed anonima la macchina da presa mostra il condominio (tutto ricostruito in studio) con continui e mutevoli cambiamenti di punti di vista: le prospettive incrociate evocano sempre più il totale smarrimento del protagonista, enfatizzando al massimo la profonda inquietudine che pervade il film. Mirabile esempio di terrore quotidiano, (sempre suggerito ma mai mostrato a pieno), "L' inquilino del terzo piano" è una grande prova di maestria di uno dei più talentuosi registi del nostro secolo; profondamente disturbante e, a 27 anni dalla sua uscita, sempre più attuale ed inquietante. DOWNLOAD TORRENT
"Speed, Meth, Crystal, Crank, Merda, Droga, Botta, Flash, Fumare, Tirare, Bucarsi… Dite come volete... è solo metamfetamina, è il solo motivo per cui sono qui." Tre giorni allucinati e psichedelici nella vita di Ross e dei suoi giovani e anfetaminici amici, tra spogliarelliste e spacciatori, sesso e musica, caleidoscopiche animazioni e viaggi in speed per un anarchica orgia che diventa film. Più esplicito e trasgressivo di Trainspotting, censuratissimo in patria, osannato dalla critica.
Un altro titolo d'epoca che a buon diritto fa parte della leggenda del cinema. Nessun film è stato più faticosamente prodotto. Viene da molto lontano. Il grande Kirk Douglas voleva interpretarlo e produrlo fin dagli anni Cinquanta. Aveva acquistato i diritti del romanzo di Ken Kesey, chiedeva finanziamenti a tutti i suoi conoscenti, che poi erano i produttori, grandi o piccoli. Ma per quei tempi il soggetto era giudicato troppo a rischio. Era un altro cinema, un'altra Hollywood. Doveva essere un altro Douglas, Michael, a realizzare il sogno del padre. Anche se per Kirk non fu proprio la stessa cosa. Si dice anzi che ci sia rimasto male. Michael affidò il film a Forman, un regista non proprio sconosciuto, che aveva dovuto lasciare la Cecoslovacchia durante la famosa primavera di Praga del Sessantotto. Jack Nicholson fa la parte di un pregiudicato che si fa internare in una clinica psichiatrica per sfuggire a guai maggiori. È vivace e intelligente, ed è un ribelle. Dunque comincia col sovvertire tutto. Induce i ricoverati a protestare, li porta a fare una gita in barca, fa loro scoprire un'altra vita fuori da quel luogo. Naturalmente si fa nemici medici e infermieri che per neutralizzarlo alla fine lo riducono un vegetale. Ma il suo amico, un indiano gigantesco, per salvargli la vita... lo uccide, poi sfonda il cancello della clinica e va verso la libertà che aveva cominciato ad assaporare. Film dunque dalle molteplici letture: la clinica può essere semplicemente il mondo e non è poi così chiara la linea che divide i sani dai pazzi. Le norme vigenti, dure e bloccate, alla fine possono essere solo un pretesto di discriminazione, ingiusto e criminale. Viva dunque l'eroe poco di buono che si batte sapendo di perdere. Naturalmente non erano casuali i richiami di libertà che venivano da Praga, e nemmeno il vento liberal che soffiava in quegli anni in America. Anche se Kesey c'era arrivato molto prima: ma è una prerogativa precisa del cinema arrivare più tardi della letteratura di almeno una generazione. Dunque grande film, premiato dovutamente con tutti gli Oscar più importanti (film, regista, sceneggiatore, Nicholson e Fletcher, l'infermiera). Jack Nicholson, con la sua recitazione nevrotica e sopra le righe, definì perfettamente il suo personaggio (quello di Shining, Voglia di tenerezza, Le streghe di Eastwick) e divenne uno dei massimi divi del cinema moderno, in compagnia dei suoi grandi coetanei, gli straordinari ragazzi del '37: Hoffman, Redford, Beatty e Jane Fonda.
Questo film, datato 1995, è l'opera più ambiziosa e complessa di John Carpenter, quella in cui la sua visione apocalittica, nichilista dell'umanità e della sua evoluzione raggiunge la sua compiutezza e viene spinta fino alle estreme conseguenze. Si respira disfacimento fin dall'inizio, in questo film: fin dalla prima scena, in cui un invasato Trent (interpretato da un ottimo Sam Neill) viene portato nella clinica psichiatrica che sarà il suo nuovo soggiorno, capiamo che c'è qualcosa che non va: l'ex-investigatore assicurativo farfuglia cose apparentemente senza senso, mentre i responsabili del manicomio chiedono agli agenti di custodia se lui sia "uno di loro" e come stanno andando le cose "là fuori". Si capisce subito, quindi, che qualcosa di terribile sta accadendo, e questa sensazione è suffragata dalle visioni (che forse tali non sono) dello stesso Trent, e dal racconto che egli fa allo psichiatra incaricato del suo caso, dal quale ha origine il lungo flashback che costituisce il cuore del film. Carpenter parte qui da quello che è un apparente fenomeno di isteria collettiva, per approdare a una riflessione sul confine tra realtà e immaginazione, sulla percezione della realtà da parte della mente umana e sulla definizione di follia. "Ciò che Cane narra non è reale dal tuo punto di vista", afferma la compagna di viaggio di Trent, l'editor Linda Styles, rivolta all'investigatore che non comprende perché le storie dello scrittore esercitino così tanto fascino sui lettori di tutto il mondo. "E per ora la realtà condivide il tuo punto di vista. Quello che mi spaventa nel suo lavoro è ciò che potrebbe succedere se la realtà condividesse invece il suo punto di vista." "Ma non stiamo parlando di realtà, qui", risponde, pragmatico, Trent. "Qui stiamo parlando di finzione. E' diverso." "La realtà è soltanto quella che noi ci raccontiamo. Normalità e follia potrebbero facilmente prendere l'una il posto dell'altra, se la follia diventasse maggioranza. Ti ritroveresti chiuso in una stanza imbottita domandandoti cosa è successo al mondo." Al di là del carattere profetico delle parole della donna, è facile vedere in questa concezione relativistica della normalità echi della dialettica che ha fatto la fortuna di un romanzo come Io sono leggenda di Richard Matheson. Normalità e follia non sono concetti assoluti, ma sono indissolubilmente legati al modo di pensare e di agire della massa; e, estremizzando, il discorso può valere anche per il concetto di realtà. Se il resto del mondo condivide una visione della realtà, diversa dalla tua, allora indiscutibilmente il folle sei tu!
Henri Charrière, detto "Papillon" per via di una farfalla che porta tatuata sul torace, venticinquenne francese condannato all'ergastolo per un omicidio che non ha mai commesso (secondo quanto sostenuto nel libro autobiografico Papillon del 1969, al quale si è ispirata la sceneggiatura).
Il film (in maniera meno esauriente rispetto al libro) ripercorre le difficili ed avvincenti vicende vissute da Papillon (Steve McQueen) in quello che al tempo era probabilmente il peggior sistema carcerario del mondo: la Guyana Francese dell'Isola del Diavolo e dei lavori forzati.
Tra i suoi mille tentativi di fuga, gli anni di isolamento, gli amici (su tutti Louis Dega), i tradimenti, ci giunge un'emozionante avventura pervasa dall'unica speranza che tiene in vita il protagonista: un'immane voglia di libertà, in grado di superare qualsiasi prigione o barriera.
La carriera di Lenny Bruce, enterteiner divenuto famoso negli anni '50 per il suo modo di aggredire pubblico e società. Fu il 1 uomo di spettacolo a usare in pubblico le parolacce "a quattro lettere" (in italiano anche a cinque) e a parlare dei piaceri delle droghe. Perseguitato dalle autorità, muore di droga a quarant'anni nel 1966, protestatario fino all'ultimo giorno. B. Fosse ha dato del noto showman un ritratto a più piani per definire il suo malessere e il suo ruolo di critico del costume. Ottima prova di D. Hoffman e di V. Perrine nella parte della moglie. Tratto da un dramma teatrale di Julian Barry.
Nell'apparentemente tranquilla cittadina di Visalia, in California, vivono quattro famiglie che nulla hanno di tranquillo. Tra i praticelli ben rasati, le rimesse dipinte di bianco, lo jogging, le auto di lusso e la ricerca della perfetta forma fisica covano ed esplodono invece passioni, depravazioni, malattie mentali, odi e tradimenti. Il centro di tutto questo sono alcuni adolescenti all'apparenza "perfetti teenagers USA" che vivono però in dimensioni che definire devianti sarebbe solo un vago eufemismo. Chi intrattiene rapporti di sesso orale con la madre della propria fidanzata, chi sogna rapporti incestuosi con la propria figlia, chi ricorre alla masturbazione estrema, chi uccide, chi si uccide. Sesso, violenza, depravazione e vuoto morale dietro la facciata di un'America vista in mille film; la realtà che fa esplodere l'apparenza del perbenismo che contraddistingue la società nordamericana.
Waking life è un film d'animazione del 2001, diretto da Richard Linklater. L'intero film è stato girato usando video digitale su cui successivamente una squadra di artisti (tramite computer) ha disegnato linee stilizzate e colori per ogni fotogramma. Questa tecnica (chiamata Rotoshop) è simile sotto qualche aspetto allo stile di rotoscope del regista settantino Ralph Bakshi, stile inventato a sua volta negli anni venti.
Il titolo è un riferimento alla massima di George Santayana che dice "[s]anity is a madness put to good uses; waking life is a dream controlled" ("l'essere sani è una forma di follia usata per scopi giusti; la vita che si sveglia è un sogno sotto controllo"). Girato in "rotoscoping animation" una tecnica che mescola computer graphics e lavoro artigianale di abili disegnatori, il film si presenta come una risposta originale e in controtendenza alla nuova frontiera dell'animazione digitale (alla Final Fantasy per intenderci). Qui gli attori (tra gli altri il già citato Ethan Hawke e July Delpy) e lo spazio sono ripresi con camera digitale e in seguito "ricalcati" sulla pellicola con un procedimento simile a quello usato per la Biancaneve disneyana e che ricorda alcuni videoclip che illustravano le canzoni degli A-ha, band di successo di fine anni ottanta. Opera di non facile lettura, Waking Life andrà rivisto con maggiore attenzione per non cadere, forse frettolosamente, nella tentazione convinta di non pochi spettatori (dopo la proiezione in Sala Grande) e critici (in testa quello del Gazzettino) che l'hanno trovato presuntuoso, saccente e pretenzioso nel suo interrogarsi sui massimi sistemi, finendo per lo più per infastidire chi si è sentito proporre una lezione di vita non richiesta. Il film andrà rivisto dicevamo, come del resto proponeva sulle pagine del Corriere della Sera Tullio Kezich, per capire se, al contrario, Linklater, affidandosi a una solidissima sceneggiatura, non firmi un contributo non banale al cinema che invita a riflettere e a guardarci dentro con maggiore attenzione.
Anche se "Clerks II" non è certo un film memorabile, l'ovazione che il pubblico di Cannes ha tributato a lui e ai suoi attori, è stata una cosa che difficilmente si potrà dimenticare. Il sequel di una delle più famose pellicole indipendenti si concentra nuovamente sulla vita di Dante (Brian O'Halloran) e Randal (Jeff Anderson), i due commessi del Quick Stop che passano le loro giornate a disquisire di sesso, cinema e cultura pop. Sono passati 12 anni e, dato che Randal ha inavvertitamente incenerito il Quick Stop, i due sono costretti a lavorare al Moobys, un fast food gestito dalla bellissima Emma (Rosario Dawson). Nel frattempo Dante si è fidanzato e sta pianificando di sposarsi e di trasferirsi in Florida; ovviamente Randal non è contento di questa decisione e, insieme ad Emma, riuscirà a fargli cambiare idea. Una trama abbastanza elementare per un film che va letto come un nostalgico omaggio ai personaggi, agli attori, e alla freschezza di Clerks piuttosto che come sequel vero e proprio. Il regista americano, attraverso i cambiamenti subiti dai suoi personaggi, si/ci racconta che non basta più solo divertirsi: è arrivato il momento dei bilanci e delle conseguenti decisioni. Smith ripropone la formula del "dialogo brillante senza respiro", ma raramente (lo scontro Star Wars/Signore degli anelli; la vita sessuale del giovane inserviente Elias) si avvicina al geniale lirismo del primo capitolo. Fuori dal Moobys Jay e Silent Bob (Kevin Smith) continuano, come sempre, a fungere da surreale accompagnamento alle avventure dei due protagonisti, ed è proprio Jay, con la sua imitazione di Buffalo Bill (Il silenzio degli innocenti), a regalarci uno dei momenti più spassosi del film.
Blade Runner è un film del 1982, diretto da Ridley Scott.
È uno dei più celebri film di fantascienza, ispirato dal romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Do Androids Dream of Electric Sheep?, anche noto in Italia come Cacciatore di androidi) di Philip K. Dick, un importante scrittore statunitense del XX secolo, nonché precursore del filone cyberpunk.
Blade Runner è da molti ritenuto più di un semplice film di genere, perché si confronta con temi profondi come l'umana paura di morire, l'anelito all'immortalità, la nostra debolezza di fronte ad eventi più grandi di noi, ma anche la capacità di alcuni di dar prova di una grandissima quanto inaspettata generosità.
CURIOSITA' * Il finale del film nella sua versione del 1982, quando Deckard e Rachel si allontanano sullo sfondo di uno splendido paesaggio verdeggiante, usava delle scene girate da Stanley Kubrick per Shining e poi scartate. Nella versione director's cut del 1991, una delle modifiche più rilevanti è proprio la soppressione del lieto fine presente nella versione precedente, compresa la voce fuori campo di Deckard che spiega e commenta la vicenda.
* Il monologo finale di Batty (Rutger Hauer) fu ideato dallo stesso Hauer.
* È ormai assodato (esiste anche una dichiarazione di Ridley Scott in proposito) che il Director's cut è basato sull'idea che anche Rick Deckard sia un replicante, impiegato a sua insaputa per dare la caccia ai suoi simili. Questo spiegherebbe perché Gaff sia a conoscenza dei sogni di Rick, e soprattutto di come possa Deckard sopravvivere al brutale pestaggio cui lo sottopone Roy Batty nello scontro finale. Questa versione renderebbe anche più comprensibili la scelta di Roy di graziare Rick (addirittura di salvarlo) e il senso di alcune battute che gli rivolge durante lo scontro.
* La scena nella quale Rick Deckard riesce a identificare una replicante che usava per il suo spettacolo un serpente artificiale ma riprodotto con grandissima verosimiglianza, si basa sul fatto che, nell'interrogatorio condotto da Deckard con un dispositivo puntato sull'occhio dell'interrogata, la donna-replicante non ha alcuna reazione empatica alla suggestione suggeritagli dal suo inquisitore circa la morte violenta dell'animale. Il mondo del futuro immaginato da Dick non ha infatti più quasi alcuna presenza vegetale e animale, a causa di una passata guerra nucleare, e l'idea del massacro di animali veri e propri avrebbe dovuto fare impercettibilmente e inconsapevolmente far contrarre la pupilla dell'interrogato a causa dell'orrore indottogli. Questo almeno in un autentico essere umano ma la mancata contrazione denuncia immediatamente l'androide per la sua impossibilità di provare empatia.
* Blade Runner e Alien - Quando Gaff preleva Deckard, la sequenza di lancio sul computer è la stessa usata da Scott nel film Alien, quando il modulo di salvataggio si stacca dalla nave madre. Anche il display in bianco e nero della macchina per il test Voigt-Kampff è stato usato in Alien come display da muro. Quando Deckard entra nel suo appartamento, alla fine, il mormorio in sottofondo è esattamente lo stesso di alcune parti del film Alien. Anche le sigarette fumate in entrambi i film sono dello stesso color giallo. Da notare che tanto Alien quanto Blade Runner contengono "persone artificiali" e che in entrambi i film c'è ambiguità su chi sia davvero umano (tuttavia Ash è un androide che, differentemente dai replicanti, possiede congegni meccanici interni).
* Prima che il ruolo andasse a Harrison Ford, si era pensato di affidare la parte di Deckard a Dustin Hoffman.
* Lo scrittore K. W. Jeter ha scritto dal 1995 una serie di romanzi come seguito del film (e non del romanzo originale di Dick).
* Nella sequenza durante la quale Deckard e Gaff "approdano" alla centrale di polizia, nell'angolo in basso a sinistra dello schermo è possibile vedere un modello del Millennium Falcon (l'astronave di Harrison Ford in Guerre stellari) mascherata da palazzo.
* Per la scena nella quale Pris attacca Deckard (eseguendo capriole e salti mortali) era stata ingaggiata una ginnasta professionista, ma Ridley Scott le fece riprovare talmente tanto la scena che quando erano pronti per girare lei era così esausta da non poter far nulla. La scena è stata girata con un ginnasta uomo che è stato capace di replicare la scena durante la pausa pranzo.
* La data di "nascita" di Pris è il 14 febbraio del 2016 (secondo la sua scheda personale).
* Quando Gaff parla a Deckard nel ristorante giapponese, lo fa parzialmente in ungherese. Prima gli dice: "Azonnal kövessen engem", che significa "Seguimi immediatamente" e "Lófasz" (letteralmente "pene di cavallo"), appellativo che suona come una versione volgare di "uomo senza valore". Poi continua dicendo "Nehogy mar, te vagy a Blade Runner..." che significa "Nessuna alternativa, sei tu il Blade Runner...".
* Il regista Ridley Scott portava sempre con se una foto del famoso dipinto di Edward Hopper intitolato "Nighthawks" e lo mostrava spesso ai membri del cast per far loro capire il tipo di "umore" che voleva ricreare nel film.
* Joanna Cassidy (l'attrice che interpreta Zhora) riusciva a sentirsi a suo agio con il serpente intorno al collo perché era il suo animale domestico, un pitone birmano di nome Darling.
* Le mosse che Roy utilizza per dare scacco matto a Tyrell sono quelle utilizzate, in una famosa partita del 1851, dal campione Tedesco di scacchi Adolf Anderssen. E' conosciuta dagli appassionati come "The Immortal Game" ("La partita immortale"), nella quale Anderssen sacrificò la sua regina per ottenere lo scacco matto nella mossa successiva, così come avviene nel film.
* Fuori dal laboratorio del "creatore di occhi", sul lato sinistro della porta, si possono vedere dei graffiti scritti in caratteri cinesi che dicono "Cinesi buoni, Americani cattivi".
* In momenti particolari all'interno del film, ogni replicante ha un riflesso rosso nei propri occhi (Rachael a casa di Deckard, Pris a casa di Sebastian). Anche Deckard ha lo stesso scintillio negli occhi quando parla con Rachael a casa sua.
Un giovane regista esordiente, ventiquattro anni, e un film realizzato con appena trentamila dollari. La storia è semplicissima: ci sono due amici, commessi in due negozi adiacenti. Uno vende videocassette e quando si annoia chiude il negozio e va a trovare l'amico. L'altro vende un po' di tutto, in una sorta di mini market. Durante la giornata entrano ed escono clienti molto stravaganti e i due trovano anche il tempo per giocare sul tetto. Vincitore di un premio a Cannes (Settimana della Critica) e di uno al Sundance Film Festival (che ha fatto scoprire molti talenti, Tarantino in testa). Originale e divertente, con qualche rimando a Jarmusch e a Hartley. Ormai la maggior parte dei migliori film americani provengono dal cinema indipendente.
CURIOSITA' Film indipendente, "politicamente scorretto", a basso budget, fu girato nel negozio stesso in cui Smith lavorava all'epoca, prevalentemente di notte e durante la chiusura del market. Il film è costato 53.000 dollari andati, divisi per metà alla produzione vera e propria (26.800$), e per metà nell'acquisto dei diritti dei brani musicali (27.000$).
L'ultimo film di Kubrick è tratto dal romanzo "Doppio sogno" di Schnitzler. Il progetto, in cantiere fin dal 1968, vede finalmente la luce nel giugno del 1998; distribuito nelle sale cinematografiche dopo la morte del regista, il film è stato da lui stesso "pubblicizzato", con un "trailer", famosissimo ormai, che vede i due protagonisti (Cruise e Kidman), mentre fanno l'amore davanti ad uno specchio. Con un forte impatto visivo, il film di Kubrick è un viaggio nei comportamenti umani. Il comportamento del marito, e la sua reazione (giustificata) alla sconvolgente notizia di Alice, e la sua continua visione della moglie insieme ad un altro uomo, lo porta in un mondo a lui sconosciuto. Perde l'identità, non sa più chi è, e cos'è stato per tutti questi anni.
Nicole Kidman e Tom CruiseUna storia narrata tra sfarzose scenografie e una fotografia che è una vera gioia per gli occhi; a tutto si aggiunge una regia mobile, che scivola e segue i protagonisti, con lunghe carrellate assolutamente perfette, impeccabili. Scene da antologia, come quella della festa nella quale delle donne mascherate, in cerchio, si spogliano e poi scelgono un compagno tra la folla (anch'essa mascherata); i famosi 46 secondi di orge (inutilmente censurati in America) che Bill attraversa; oppure, ancora, quando Bill viene scoperto, le inquadrature delle maschere, che incutono timore e mistero. Tutto è accompagnato da musiche straordinarie e adattissime.
La scelta di Tom Cruise e Nicole Kidman, come attori principali, è perfetta, essendo loro una coppia sposata oltre che nella finzione anche nella realtà; questo elemento è molto importante, perché difficilmente la scelta di due attori che non si conoscono nemmeno avrebbe portato ad un risultato del genere. Bravissima la Kidman, fin troppo, e per quanto se ne può dire, bravo anche Tom Cruise. Un ottimo film, l'ultimo (purtroppo) di un grande del cinema.
Stalker (Сталкер) è un film di fantascienza del 1979 per la regia di Andrej Tarkovskij. Tratto dal racconto Picnic sul ciglio della strada (1971) dei fratelli Arkadi e Boris Strugackij, questo film rappresenta, come già Solaris, una personale interpretazione di Tarkovskij dello scritto originale.
Alcuni lo definiscono di genere fantascientifico solo per la trama, perché lo svolgimento appartiene più al cinema d'autore. Il lento e profondo viaggio catartico compiuto all'interno della Zona, dove le tre diverse concezioni della vita dei protagonisti si scontrano e si mettono in discussione, trascende i dettami del film di genere.
Molte scenografie ed atmosfere del film, minuziosamente studiate, hanno influenzato il regista danese Lars von Trier, che ha dichiarato di essersi ispirato al regista russo per i suoi primi film: ci sono infatti molti richiami a Tarkovskij nel suo L'elemento del crimine.
I brani musicali non-originali del film sono tratti da:
* Bolero di Maurice Ravel * Tannhäuser di Richard Wagner * 9ª Sinfonia di Ludwig van Beethoven
La pellicola venne girato fra Dolgopa (Russia), Tallinn (Estonia), Isfara (Tajikistan), e Chernobyl (Ucraina) e fu presentata al Festival cinematografico di Mosca nell'agosto del 1979 ed al Festival di Cannes, in Francia, il 13 maggio 1980.