
Decimo lavoro di Polanski, si colloca senza indugi tra i suoi film più rappresentativi ed evocativi, essendo anche ispirato ad un romanzo ("Le Locatarie Chimerique", di Roland Topor) di cui ne migliora sicuramente il senso artistico. Un timido archivista polacco di nome Trelkosky (mirabile interpretazione di Polanski) si trasferisce a Parigi in un'appartamento precedentemente abitato da una ragazza di nome Simone Chule, suicidatasi poco prima gettandosi dalla finestra. Da quando Trelkosky prende possesso della casa la sua vita comincia lentamente a cambiare. Vessato da inquietanti e grotteschi vicini, scopre nell'appartamento orribili tracce dell'ex-inquilina ed inbocca progressivamente un tunnel di oscurità e follia fino al totale sdoppiamento di personalità nella ragazza. Si tratta sicuramente del film più "Kafkiano" del grande regista polacco, e probabilmente anche il più intriso di complesse strutture metaforico-interpretative. La prima e più evidente è senz'altro quella di condominio-alveare visto come universo aggregante dal punto di vista fisico, ma disgregante da quello psicologico. Tutti gli inquilini dello stabile (dalla portiera al padrone di casa) sembrano infatti seguire uno strano iter comune fatto di irrazionali scortesie, assurde lamentele, grottesche vendette. Del resto ci si accorge man mano che anche i propietari del bar accanto allo stabile fanno di tutto per cercare di evocare, riesumare, la vita e le abitudini della ragazza morta suicida per riadattarle alla persona di Trelkosky. L'esoterismo ed il misticismo sono dosati con tocchi virtuosi: un libro, una cartolina fino ad arrivare agli inquietanti geroglifici incisi sulle mura del bagno di fronte la stanza del protagonista. L'esplicito simbolismo di Polanski si fa via via più estremo: dagli inquilini immobili nel bagno ai macabri ritrovamenti nei buchi delle pareti per finire all'inesorabile sdoppiamento di personalità (con tanto di vestiti) in Simon Chule. Trelkosky sembra da subito ingabbiato in un sinistro meccanismo più grande di lui dal quale non riesce a svincolarsi, pedina condannata dalla inesorabile ciclicità del destino. Il film è tecnicamente ineccepibile, sullo sfondo di una Parigi vitrea ed anonima la macchina da presa mostra il condominio (tutto ricostruito in studio) con continui e mutevoli cambiamenti di punti di vista: le prospettive incrociate evocano sempre più il totale smarrimento del protagonista, enfatizzando al massimo la profonda inquietudine che pervade il film. Mirabile esempio di terrore quotidiano, (sempre suggerito ma mai mostrato a pieno), "L' inquilino del terzo piano" è una grande prova di maestria di uno dei più talentuosi registi del nostro secolo; profondamente disturbante e, a 27 anni dalla sua uscita, sempre più attuale ed inquietante.
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