domenica 31 dicembre 2006
"Il seme della follia" di John Carpenter
Questo film, datato 1995, è l'opera più ambiziosa e complessa di John Carpenter, quella in cui la sua visione apocalittica, nichilista dell'umanità e della sua evoluzione raggiunge la sua compiutezza e viene spinta fino alle estreme conseguenze. Si respira disfacimento fin dall'inizio, in questo film: fin dalla prima scena, in cui un invasato Trent (interpretato da un ottimo Sam Neill) viene portato nella clinica psichiatrica che sarà il suo nuovo soggiorno, capiamo che c'è qualcosa che non va: l'ex-investigatore assicurativo farfuglia cose apparentemente senza senso, mentre i responsabili del manicomio chiedono agli agenti di custodia se lui sia "uno di loro" e come stanno andando le cose "là fuori". Si capisce subito, quindi, che qualcosa di terribile sta accadendo, e questa sensazione è suffragata dalle visioni (che forse tali non sono) dello stesso Trent, e dal racconto che egli fa allo psichiatra incaricato del suo caso, dal quale ha origine il lungo flashback che costituisce il cuore del film.
Carpenter parte qui da quello che è un apparente fenomeno di isteria collettiva, per approdare a una riflessione sul confine tra realtà e immaginazione, sulla percezione della realtà da parte della mente umana e sulla definizione di follia. "Ciò che Cane narra non è reale dal tuo punto di vista", afferma la compagna di viaggio di Trent, l'editor Linda Styles, rivolta all'investigatore che non comprende perché le storie dello scrittore esercitino così tanto fascino sui lettori di tutto il mondo. "E per ora la realtà condivide il tuo punto di vista. Quello che mi spaventa nel suo lavoro è ciò che potrebbe succedere se la realtà condividesse invece il suo punto di vista."
"Ma non stiamo parlando di realtà, qui", risponde, pragmatico, Trent. "Qui stiamo parlando di finzione. E' diverso."
"La realtà è soltanto quella che noi ci raccontiamo. Normalità e follia potrebbero facilmente prendere l'una il posto dell'altra, se la follia diventasse maggioranza. Ti ritroveresti chiuso in una stanza imbottita domandandoti cosa è successo al mondo."
Al di là del carattere profetico delle parole della donna, è facile vedere in questa concezione relativistica della normalità echi della dialettica che ha fatto la fortuna di un romanzo come Io sono leggenda di Richard Matheson. Normalità e follia non sono concetti assoluti, ma sono indissolubilmente legati al modo di pensare e di agire della massa; e, estremizzando, il discorso può valere anche per il concetto di realtà. Se il resto del mondo condivide una visione della realtà, diversa dalla tua, allora indiscutibilmente il folle sei tu!
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Pubblicato da
Pg Ruffo
alle
06:09
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